Attualità, Emergenza Coronavirus

Ascom-Confcommercio: Evitare con ogni forza ed ogni mezzo quelli che potrebbero essere dei fallimenti annunciati

Fipe: “La beffa? Si rischia di pagare ancora le tasse su rifiuti e occupazione suolo pubblico”
Ferrari: “Con locali chiusi ormai da ben più di un mese e senza una reale previsione di quando e soprattutto come si potrà avere una reale ripartenza, gli interventi previsti, a tutti i livelli istituzionali, tanto centrale quanto locale, sono insufficienti”

In provincia di Alessandria ci sono quasi 3.000 pubblici esercizi che rischiano, di non riaprire. È questo il grido d’allarme lanciato da Ascom-Confcommercio della provincia di Alessandria, per portare all’attenzione delle istituzioni, anche territoriali, la situazione drammatica che bar, ristoranti e locali di intrattenimento stanno vivendo in tutta Italia dall’inizio del lockdown.

Il settore dei pubblici esercizi – bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, discoteche, pasticcerie – con 30 miliardi di euro di perdite è in uno stato di crisi profonda con il serio rischio di veder chiudere definitivamente, a livello nazionale, almeno 50.000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro, secondo le stime effettuate da Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi aderente a Confcommercio.

Se si fanno le dovute proporzioni, nel nostro territorio le imprese del settore ristorazione, intrattenimento e pubblici esercizi che rischiano di non rivedere la luce, potrebbero essere un migliaio. “Una enormità – commenta il Presidente della Confcommercio di Alessandria, Vittorio Ferrari -. Non possiamo permetterci una ecatombe del genere, per un settore che rappresenta non soltanto una componente importante del nostro tessuto economico e occupazionale, ma anche un fortissimo fattore identitario e distintivo, per l’attrattività delle nostre città, delle nostre colline e dei nostri borghi”.  

In una nota diffusa da Fipe-Confcommercio si legge: “Molti imprenditori stanno maturando l’idea di non riaprire l’attività perché le misure di sostegno per il comparto sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire”.

“Questa situazione ci allarma – prosegue Ferrari –: dal primo giorno dell’emergenza abbiamo detto che ci saremmo battuti in ogni modo perché nessun imprenditore fosse costretto a chiudere a causa del virus. Non ci arrenderemo ora. Ma adesso pretendiamo risposte concrete dalle Istituzioni: perché i nostri imprenditori si sono responsabilmente fermati e sacrificati dando la priorità assoluta all’emergenza sanitaria, ora – dopo più di un mese – è tempo che anche la situazione economica sia trattata per quello che è: una emergenza senza precedenti”.

Fipe-Confcommercio sottolinea: “Gli interventi sin qui messi in campo dal Governo sono solo una risposta parziale: la liquidità non è ancora arrivata, la garanzia al 100% dello Stato per importi massimi di 25.000 € è una cifra lontanissima dalle effettive esigenze delle imprese per far fronte agli innumerevoli costi da sostenere, la burocrazia rimane soffocante appesantendo addirittura le stesse procedure degli ammortizzatori sociali obbligando, di fatto, le imprese ad anticipare i pagamenti. Sulle tasse, inoltre, non ci sono state cancellazioni ma solo un differimento, per di più con la beffa di dover rischiare di pagare l’occupazione di suolo pubblico stando forzatamente chiusi e la tassa su rifiuti virtuali visto che di rifiuti non ne sono stati prodotti”.

“Ecco ciò che chiediamo alle Istituzioni anche locali – aggiunge il Presidente provinciale di Ascom-Confcommercio, Vittorio Ferrari -: che siano presi provvedimenti basati sulla reale situazione delle aziende. Che sia abolito il pagamento dell’occupazione del suolo pubblico e della Tari almeno da marzo a settembre di quest’anno, prevedendo poi per l’ultimo trimestre del 2020, se le condizioni lo permetteranno, un importo con forti riduzioni, almeno il 50%”

LE RICHIESTE DI FIPE-CONFCOMMERCIO
Misure urgenti che consentano la sopravvivenza del settore

Da subito prevedere, come avviene in tutta Europa, la possibilità di lavorare per asporto e mettere a punto un piano di riapertura con tempi e modalità certe (condiviso con gli operatori del settore, per permettere a tutte le imprese di operare in sicurezza).

E POI CHIEDIAMO:

  • concessione di spazi all’aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus, per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare
  • risorse vere a fondo perduto per le imprese parametrate alla perdita di fatturato
  • moratoria sugli affitti: serve una compensazione per il periodo di chiusura e per il periodo di ripartenza
  • cancellazione imposizione fiscale come Imu, Tari, affitto suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi e sospensione pagamento delle utenze
  • prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia e sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali e reintroduzione dei voucher per il pagamento del lavoro accessorio

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