Emergenza Coronavirus

EMDR: un possibile sostegno per il personale medico

Prosegue il consueto appuntamento con gli articoli a cura di Elena Paiuzzi, psicologa a indirizzo Cognitivo Comportamentale, abilitata in EMDR. Ha una formazione specifica in psicotraumatologia, affronta abitualmente problematiche legate all’ansia, alla depressione e ai consueti disturbi psicopatologici con bambini, adolescenti e adulti. 


In questi giorni sono i medici quelli a cui vengono rivolti molti dei nostri pensieri e ringraziamenti per l’impegno e i rischi che corrono nell’affrontare l’emergenza Covid. Un aspetto che però si tende a trascurare è l’impatto emotivo che tutto ciò avrà su di loro.

Abbiamo parlato nei precedenti articoli dell’importanza di chiedere aiuto, ma proprio il personale medico, ossia coloro che si trovano ad essere più emotivamente stravolti da questa pandemia, ora non possiede lo spazio mentale per chiedere questo aiuto. 

Pensiamoci per un istante, improvvisamente la loro routine è stata completamente sconvolta, abituati a lavorare in un preciso reparto, in molti casi sono stati spostati e si trovano ad avere a che fare con molti più pazienti, spesso con dispositivi di sicurezza insufficienti o non adatti, per la prima volta esposti alla stessa malattia che stanno curando: molti colleghi si stanno ammalando, o magari anche morendo. 

Gli schemi emotivi a cui si sono sempre appoggiati ora non funzionano più, a casa hanno paura di contagiare i famigliari, al lavoro sono l’unico tramite tra i pazienti in isolamento e i parenti: non esiste per i medici una valvola per sfogare lo stress. È probabile dunque che quando si sarà esaurito il rischio contagio, inizierà per loro un processo di elaborazione e si renderà dunque necessario un supporto specialistico. 

In  questi casi si rivela molto utile un intervento/supporto in attraverso l’EMDR, un approccio terapeutico utilizzato problematiche legate allo stress, in particolare allo stress post traumatico.

L’utilizzo dell’EMDR in psicoterapia si propone di desensibilizzare i ricordi traumatici del paziente, attraverso stimolazione bilaterale ottenuta con movimenti ritmici degli occhi, oppure con tamburellamento alternato sulle mani o stimolazione sonora, al fine di permettere una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali: in questo modo l’esperienza traumatica può essere affrontata in sicurezza, mettendo da parte per un attimo il dolore legato a quell’episodio; in questo modo l’individuo percepisce quel ricordo in modo nuovo, libero dalla componente emotiva disturbante ad esso legata. 

Si tratta di una tecnica terapeutica strutturata e scientificamente comprovata per il trattamento del trauma e dei disturbi ad esso correlati che permette al paziente di collegare il ricordo traumatico a reti di memoria più ampie. Lo scopo non è dimenticare questo evento, ma far sì che le persone che sono più emotivamente coinvolte da questa esperienza riescano ad integrarla nella propria storia, senza essere più emotivamente turbate dal ricordo quando tutto questo finirà. 


Articolo a cura di:

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Elena Paiuzzi

Psicologa-psicoterapeuta cognitivo comportamentale e EMDR

www.psicologa-alessandria.it


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