Nelle ultime settimane, la recrudescenza della pandemia in Italia ha fatto venir meno gli equilibri che si erano formati alla riapertura delle scuole: prima con l’ordinanza del Presidente del Piemonte, Alberto Cirio, poi con l’ultimo decreto del Presidente del Consiglio, sulle scuole superiori è ritornato lo spettro della didattica a distanza: 100% delle lezioni a distanza, ad eccezione dei laboratori e delle attività per studenti con Bisogni Educativi Speciali. Che cosa pensano gli studenti dell’Istituto Superiore “Leardi” e “Luparia” delle modalità di fare scuola in questa fase di “seconda ondata”?
La totalità degli studenti contattati, a differenza dei pregiudizi circolati nei mesi scorsi, è consapevole di vivere in un periodo di emergenza e comprende la necessità di compiere dei sacrifici per poter tornare al più presto alla normalità: «L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, è una delle peggiori che il nostro Paese abbia mai vissuto – sostiene Alessandro Pala, 5A Luparia.– Condivido la decisione di ripristinare la didattica digitale integrata al 100 %: da studente capisco le difficoltà che si provano, ma bisogna saper accettare il cambiamento, essendo questa l’unica soluzione per noi studenti e per i docenti per continuare le lezioni nel modo più sicuro».
Per molti il ritorno a questa nuova modalità tuttavia è stato sofferto o fonte di insicurezze o di rabbia, come racconta Leonardo De Ambrogio della 4° AFM: «All’inizio ho provato soprattutto rabbia e delusione: come è possibile, mi domandavo, che la scuola, il posto in cui dovrebbero crescere e formarsi le donne e gli uomini di domani, sia sempre la cosa più facilmente sacrificabile? Sì, ero proprio deluso, perché la scuola mi sembrava il posto più sicuro tra quelli che noi ragazzi potevamo frequentare: chiuderla per alleggerire il trasporto pubblico mi è sembrato altamente scorretto. Poi la rabbia un po’ mi è passata: ho capito che noi studenti possiamo dimostrare quanto, a dispetto di quello che si dice, teniamo alla scuola, e lo possiamo fare anche in una situazione come questa, facendo uno sforzo in più e continuando a partecipare per quanto possibile attivamente alle lezioni, perché la scuola non è solo un nostro dovere ma anche e soprattutto un nostro diritto».
Qualcuno, come Giacomo Giarola della 4A AFM e Linda Negri della 5A CAT, ha sottolineato come, nelle settimane di didattica integrata in cui era ammessa la frequenza a scuola, l’Istituto avesse messo in atto tutte le strategie necessarie per garantire la sicurezza e la salute degli alunni e del personale scolastico: la decisione di passare integralmente alla didattica a distanza, per loro come per altri studenti, è apparsa una scelta doverosa, ma difficile da accettare con entusiasmo.
Certo, la nuova DDI prevede un modo radicalmente diverso per seguire le lezioni e per concepire l’insegnamento. Se l’esperienza dello scorso anno scolastico ha preparato gli studenti a questo diverso modo di fare didattica, molti ragazzi, nelle loro considerazioni, hanno messo in evidenza il fatto che sia molto più difficile mantenere la concentrazione, partecipare alle attività proposte e assimilare gli argomenti trattati: così, tra gli altri, Erisa Gashi della 2° Liceo artistico, Matilde Fregni della 2B Grafico e Alessandro Foti della 5B Turismo. L’Istituto “Leardi”, in maniera tempestiva, è intervenuto per fornire tutti gli alunni privi di dispositivi tecnologici degli strumenti per svolgere la DDI, attenuando il disagio dovuto alla mancanza di un contatto immediato tra i professori e gli allievi.
È proprio questo l’aspetto che meno viene apprezzato della Didattica Digitale Integrata: l’impossibilità di vivere a pieno la socialità tra compagni e insegnanti, una delle componenti fondamentali della scuola. Tutti, ognuno al proprio modo, esprimono un concetto similare: la scuola è fatta sì di nozioni, ma anche di relazioni, di scambi che aiutano a crescere insieme. «Mi manca parecchio il contatto con professori e i miei compagni» (Riccardo Candiano, 5A Luparia, Maria Rizzo, 2A Liceo artistico); «Della scuola prima della pandemia mi manca il contatto diretto con i professori e con gli altri allievi e soprattutto mi manca il rapporto con i miei compagni di classe, che ora si limita a vederci attraverso uno schermo» (Roberta Biglia, 5A CAT). «Della didattica tradizionale mi manca in particolar modo la presenza a scuola, interagire con insegnanti e compagni di classe e non parlar loro attraverso uno schermo. Preferirei prendere tutte le precauzioni possibili ed essere presente in classe, invece che a distanza» (Maria Teresa Negri, 2B Grafico).
Anche se spesso viene criticata o, peggio ancora, ignorata dall’opinione pubblica, la scuola durante la pandemia tra i ragazzi è stata riscoperta come una delle componenti più importanti della loro vita: «Mi mancano tutte quelle piccole emozioni che nella DAD non possono essere presenti. Non vedo l’ora di tornare alla normalità e poter finalmente tornare ad abbracciare liberamente i miei compagni di classe» (Karol Minutoli, 2A Liceo artistico). (Martina Belfiore, 5B Turismo): «Mi manca tutto della scuola prima del Covid. Mi viene in mente la frase celeberrima di Antoine de Saint-Exupéry “L’essenziale è invisibile agli occhi”. È proprio vero che ti rendi conto di ciò che possiedi proprio quando lo perdi».
L’impegno della collettività deve essere massimo affinché i ragazzi possano al più presto ritornare a vivere a pieno questa fase così centrale della loro crescita.