Domenica 26 settembre alla Comunità Ebraica di Casale si celebra Succot.
A dire il vero la festa è iniziata già lunedì 20 settembre e, come altre feste ebraiche, dura più giorni, ma a Casale è tradizione che nella domenica che cade in questo periodo ci sia un momento per incontrare amici e visitatori della Comunità, spiegare l’importanza di questa ricorrenza e passare con loro un momento di condivisione molto dolce, visto che Succot è una festa importante sotto il profilo delle tradizioni alimentari
Così alle ore 16,30 di domenica i visitatori potranno assistere alle Benedizioni che accompagnano Succot e partecipare all’immancabile “merenda sotto la capanna” con dolci tipici della tradizione ebraico monferrina.
Proprio la Capanna, che a Casale viene costruita nel Cortile delle Api del complesso di vicolo Salomone Olper, è al centro della festa (Succot è il plurale di Sukkà che vuol dire appunto capanna). È il ricordo di un importante evento storico: il cammino degli ebrei nel deserto verso la terra di Israele. La Torah identifica la Sukkà con le dimore temporanee degli israeliti durante questo viaggio nel deserto (Levitico 23, 42). Più delle altre feste di pellegrinaggio,Succot ha conservato un carattere agricolo ed è chiamata anche Hag Haassif (festa del raccolto) o Zeman simhatenu (momento della nostra gioia). L’attenzione posta sul raccolto e l’abbondanza portano un cambiamento radicale e benvenuto dopo l’austerità delle solenni feste di Rosh Ha-Shanah e di Yom Kippur. Tutte le feste di pellegrinaggio sono dei momenti di gioia, ma l’atmosfera di questa festa è particolarmente lieta. La gioia è un elemento essenziale legato a Succot, ma anche nel momento della gioia, la struttura temporanea e fragile della Sukkà, il precetto più caratteristico della festa, ci ricorda la fragilità della vita.
Tra il tetto della Sukkà e il cielo non deve esserci alcuna interruzione. Il tetto deve essere fatto di materiale vegetale staccato da terra (rami, foglie, cannucciati per la copertura dei tetti, ecc.). Si deve poter intravedere il cielo attraverso il tetto. La Sukkà deve avere almeno tre pareti, che possono essere fatte con qualsiasi materiale (anche in muratura). Durante la festa, la Sukkà dovrebbe divenire la residenza fissa fino al giorno di Hoshà anà Rabbà; compatibilmente con il clima italiano, ciò significa che bisogna almeno consumarvi i pasti. È mizvà mangiare pane in Sukkà la sera del primo e del secondo giorno. Si dice la benedizione Lishev Basukkà (sedersi nella capanna), solo quando si mangia pane o almeno 240g di dolci fatti con farina. Se piove in abbondanza non si ha l’obbligo di risiedere nella Sukkà.
La seconda caratteristica della festa è il mazzo di quattro specie che è composto da un ramo di palma (lulav) due di salice (‘aravà), tre di mirto (hadas) e un cedro (etrog): nei giorni di Sukkot, si prende il Lulav con la destra e il cedro con la sinistra, li si agita ai quattro punti cardinali, in alto e in basso, dopo aver detto la relativa benedizione.