Ambiente

Maturazione dell’uva e vinificazione in un contesto di cambiamenti climatici

XLVI incontro fitoiatrico al Castello di Grinzane Cavour
Il punto della biologa ed enologa Dora Marchi – Enosis Meraviglia

Correva l’anno 1896, quando Svante August Arrhenius, Premio Nobel per la Chimica (1903), avanzò l’ipotesi che l’anidride carbonica “intrappolasse” la radiazione infrarossa e che questo fenomeno avrebbe portato ad un aumento della temperatura atmosferica. Interessato alla chimica dell’atmosfera, il chimico e fisico svedese studiò lungamente l’incidenza della CO2 sul clima, producendo ipotesi che, presto, avrebbero trovato conferma.
A distanza di 125 anni, cause ed effetti dei cambiamenti climatici sono divenuti un’emergenza mondiale, nessun settore escluso. 
Ad affrontare l’annoso argomento in ambito vitivinicoli, in occasione del  XLVI Incontro Fitoiatrico svoltosi nelle scorse settimane al Castello di Grinzane Cavour, è stata l’enologo e biologa DORA MARCHI,  Direttore del Laboratorio Tecnico e Responsabile del Controllo Qualità nel Laboratorio di Ricerca Applicata Enosis Meraviglia di Donato Lanati. 

CLIMA E VITICOLTURA
Il cambiamento climatico, in ambito vitivinicolo, riguarda l’incremento generalizzato della temperatura ambiente (periodi molto lunghi con temperature elevate e con scarse precipitazioni prima dell’invaiatura e durante la maturazione dell’uva), l’incremento del contenuto in CO2 dell’atmosfera e della luminosità, dovuto alla scarsa presenza di nuvole e, in genere, gli eventi meteorologici estremi.
Numerosi studi sono stati effettuati per determinare l’influenza dei suddetti fattori sul metabolismo della vite – ha spiegato la Marchi – I risultati, tuttavia, sono in parte contraddittori e suggeriscono che gli effetti del cambiamento climatico debbano essere studiati e valutati nel contesto dei singoli ambienti. Uno dei risultati comuni a tutte le ricerche fino ad ora pubblicate riguarda l’anticipo della fioritura e, di conseguenza, della maturazione dell’uva, rispetto alla metà del secolo scorso o a tempi ancora più lontani. Questo, implica che anche il clima primaverile riveste un ruolo importante sul periodo in cui avviene l’invaiatura, sul corso della maturazione e, di conseguenza, sulla composizione dell’uva alla raccolta. Uno dei problemi più rilevanti è il sensibile incremento del contenuto in zuccheri dell’uva alla raccolta.

Generalmente, questo fenomeno è accompagnato da una diminuzione dell’acido malico e, sebbene non necessariamente, da una diminuzione dell’acidità titolabile e da un incremento del pH del mosto estraibile dall’uva. In alcuni casi, invece, la mancata diminuzione dell’acidità titolabile e il mancato incremento del pH, pur con il consumo dell’acido malico e con la liberazione dei cationi che lo salificavano, possono essere dovuti sia allo scarso consumo metabolico dell’acido tartarico, sia allo scarso assorbimento di potassio e di cationi bivalenti dal terreno, in condizioni di carenza idrica. Tutto questo comporta che i danni che la vite e l’uva possono subire, in seguito a lunghi periodi caratterizzati da temperature elevate, vadano valutati tenendo conto anche delle condizioni idriche del terreno.

È evidente che per i vini ottenuti da uve che hanno subito questo tipo di stress sia necessario elaborare tecniche nuove di vinificazioni e affinamento, al momento non disponibili. Generalmente, a lunghi periodi con temperature elevate corrisponde un basso contenuto in antociani nelle uve colorate. Questo fenomeno può essere dovuto sia a inibizione della sintesi sia a degradazione di questi composti. L’espressione di alcuni geni della via biosintetica dei flavonoidi, infatti, è inibita dalle alte temperature; se l’evento dura per un lungo periodo, le reazioni di degradazione delle singole classi di flavonoidi possono superare quelle di sintesi”.

STRESS TERMICI E IDRICI
Quando gli stress termici ed idrici avvengono in condizioni di forte luminosità (fattori spesso intimamente legati), per un meccanismo di difesa nei riguardi dei raggi UV-A, le cellule delle bucce sintetizzano flavonoli il cui contenuto può generare instabilità a livello di vino (precipitati di quercetina). Ne fanno le spese i vini con contenuti in antociani medi che si oppongono alla precipitazione della quercetina attraverso la formazione di associazioni molecolari solubili antociani-quercetina denominati complessi di co-pigmentazione. La quercetina, presente nei vini ha origine dall’idrolisi enzimatica e chimica delle sue forme glicosidiche, rispettivamente a livello di macerazione fermentativa e di vino.

COSA SUCCEDE SUI BIANCHI ?
Problemi analoghi riguardano le uve bianche. In questo caso, quando l’acidità titolabile è ancora alta, il pH piuttosto basso e l’acido malico ancora presente in quantità apprezzabile,  la raccolta delle uve rappresenta una necessità, per evitare pesanti interventi a livello di mosto e di vino. La raccolta anticipata, tuttavia, può indurre scarsa presenza di aromi varietali e sapori amari a livello di vino. Spesso, si osserva che lo spostamento della raccolta, anche di pochi giorni, causa un’eccessiva diminuzione dell’acidità titolabile, un eccessivo incremento del pH e una perdita quasi completa dell’acido malico, senza un corrispettivo miglioramento dei contenuti in zuccheri ed in aromi varietali.

Anche a livello di vini bianchi, le soluzioni proposte non si sono rivelate idonee alla soluzione dei problemi suddetti. In questi ultimi decenni è stata osservata una diminuzione notevole del contenuto in aromi varietali della classe dei terpenoli, per effetto di periodi troppo lunghi e ricorrenti di temperature ambiente particolarmente elevate. Questi problemi sono stati segnalati a livello di uve aromatiche (ad es., Moscato bianco).

La vinificazione delle uve bianche e colorate che provengono da zone in cui si verificano, sempre più spesso, eventi meteorologici estremi per lunghi periodi non è stata ancora affrontata con la dovuta attenzione. Nel caso delle uve bianche, a parte gli aromi varietali, il problema fondamentale riguarda l’acidità titolabile e il contenuto in acido malico troppo bassi e il pH troppo alto.

Nella vinificazione in bianco delle zone in questione si registra sempre più frequentemente il fenomeno del pinking (il vino assume una colorazione rosata che non può essere rimossa dall’addizione di ioni bisolfito, in quanto i pigmenti responsabili di questo colore non interagiscono con questo ione e appunto, non sono decolorabili).

… E SUI ROSSI?
Più complesso è il problema della vinificazione delle uve colorate delle zone in questione in quanto le loro acidità totali sono particolarmente basse, il loro pH è particolarmente alto e i loro tannini a volte sono maturi, poco astringenti, a volte sono astringenti, secchi, verdi. 
Questo problema non è stato ancora affrontato dall’enologia ufficiale. Macerazioni fermentative brevi consentono di diminuire l’impatto dell’astringenza dei tannini delle bucce; la rimozione dei semi consente di tenere sotto controllo il sapore amaro delle catechine che essi potrebbero cedere e l’astringenza verde dei flavanoli polimeri.

È evidente che per i vini ottenuti da uve che hanno subito stress conseguenti a temperature elevate per lunghi periodi è necessario elaborare tecniche nuove di vinificazioni e affinamento che al momento non sono state ancora studiate.

CONCLUSIONI
Esiste ampio spazio per ricerche mirate a ritrovare soluzioni per limitare i danni apportati da questi eventi alla composizione dell’uva e alla qualità dei vini. 

Commenta l'articolo

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Seguici su instagram!

Iscriviti alla Newsletter

Seguici su Facebook