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La Chiesa di Sant’Eusebio a Varengo

Grazie alla disponibilità di Don Luigi Calvo abbiamo potuto visitare la Chiesa di Sant’Eusebio a Varengo frazione di Gabiano, prima del concerto organizzato dal Monfrà Jazz Fest ai piedi della scalinata che porta all’ingresso dell’edificio.
La chiesa parrocchiale tardo-barocca è a pianta centrale ad ottagono irregolare ed è dilatata sull’asse trasversale da due cappelle semiellittiche.
La facciata è in paramano, suddivisa dalla trabeazione mediana in due ordini di lesene e sormontata dal frontone triangolare. Il progetto primitivo del Magnocavalli prevedeva l’allungamento dell’asse longitudinale in presenza del presbiterio quadrato e dell’abside semicircolare. Ma tale piano di pianta longitudinale con navata allungata per una chiesa di una capienza complessiva di 1000 persone, quando il paese contava allora appena 500 abitanti, in seguito non fu più realizzato per carenza di risorse. Dedicata a Sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, fu consacrata nel 1888.

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È stata costruita tra il 1766 e il 1780 a spese della comunità di Varengo, sotto la direzione degli architetti torinesi Carlo Faldella e Giacomo Carretto.
Come si è accennato, il disegno, risalente al 1761, è di Francesco Ottavio Magnocavalli (Casale 1707-Moncalvo 1788), celebre architetto e letterato, conte di Varengo, ma residente a Casale; è sepolto in questa città, nella chiesa di San Paolo, che è posta quasi di fronte a Palazzo Magnocavalli.
L’attuale chiesa fu edificata sul luogo di un’altra precedente, che era intitolata a Santa Maria delle Grazie, e che condivideva il sito con un castello e un cimitero; ma già nel 1725 risultava diroccata e abbandonata.
Arte
Ai due lati della navata sono situate le cappelle di Sant’Eusebio (già San Sebastiano) e della Beata Vergine del Rosario;
Le numerose tele si trovano:
Sopra il confessionale destro, grande tela raffigurante il leggendario battesimo di Costantino amministrato da papa Silvestro, il quale è sovrastato da Cristo Re e affiancato dal martire Servando e dal parroco del tempo don Antonio Cane; datato 1603, di stile ancora manieristico e di pittore anonimo; San Silvestro era stato il patrono del Comune di Varengo fino alla soppressione della sua autonomia, decretata nel 1928; nella cappella di Sant’Eusebio, due tele.
A sinistra San Grato, vescovo di Aosta (secolo V) rappresentato con la mitria in capo, seduto accanto ad un pozzo, mentre con l’indice della mano ne indica il fondo e la corda e il secchio giacciono sul bordo.
La scena fa riferimento ad un episodio che si legge nella Magna Legenda, secondo la quale il Santo, recatosi in pellegrinaggio in Terrasanta per ritrovare il capo di San Giovanni Battista, fu guidato da un angelo ad un pozzo nei pressi del castello di Erode, dal cui fondo miracolosamente risalì appunto la testa del Battista.
Al suo lato sta San Vincenzo Ferrer, domenicano spagnolo dei secoli XIV-XV, ritratto con l’atteggiamento di predicatore, con il crocefisso nella mano destra e una fiamma sulla fronte per indicarne l’ardore apostolico.
Fu un santo molto venerato pure in Piemonte perché nel suo peregrinare per l’Europa soggiornò anche a Trino e Casale: qui nel 1403 diresse spiritualmente la beata Margherita di Savoia, che era andata in sposa al marchese Paleologo Teodoro.
A destra il ritratto di San Tommaso d’Aquino, grande teologo domenicano del secolo XIII.
Il santo è ritratto nel suo studio mentre, interrompendo la stesura delle sue opere, sente giungergli dall’alto una voce divina che esclama: “Bene scripsisti de me, Thomas”, cioè “Hai scritto bene di me, Tommaso”.
La leggenda prosegue asserendo che Dio gli abbia domandato: “Che ricompensa mi chiedi?”. E il Santo: “Solo te, Signore; tutto ciò che ho scritto mi sembra vano”.
Entrambe le tele sono del pittore Aloisio Hartman.
Nella cappella della Madonna del Rosario, opera di Giuseppe Imperiale (1790), due tele che effigiano San Giovanni Battista e San Giuseppe (ambedue del pittore Hartman); nel presbiterio, due teleri rappresentanti l’Adorazione del Bambino Gesù da parte dei pastori e l’Ultima Cena colta nel momento in cui il Cristo porge il pane eucaristico a Giovanni e Giuda si allontana con il denaro del tradimento (ambedue del pittore Hartman); nell’abside, al centro una grandiosa pala che ritrae la lapidazione di Sant’Eusebio ad opera di nerboruti ariani, di autore anonimo settecentesco; nelle sovrapporte laterali due tele di minori dimensioni rappresentanti l’una il Buon Pastore, mentre riporta all’ovile la pecora smarrita, l’altra Mosè, che sceso dal monte Sinai mostra le due tavole della Legge (entrambe dello Hartman); in sagrestia un’ancòna sovradipinta che raffigura San Defendente affiancato da San Rocco e San Sebastiano.
La tela era situata nella cappella un tempo dedicata a San Sebastiano, poi a Sant’Eusebio; nel battistero una piccola tela che rievoca il battesimo di Cristo ad opera di San Giovanni Battista.
I dipinti murali sono così distribuiti:
nell’abside: alla parete, due monocromi (dipinti eseguiti con un’unica tinta variandone il tono): a sinistra la Vergine Annunciata e a destra l’arcangelo Gabriele; sopra il cornicione, nella volta semicircolare tre ovali monocromi: in quello centrale Cristo in trono con la soprascritta “Quamdiu fecistis uni ex his fratribus, mihi fecistis”; nei tre triangoli sovrastanti, le personificazioni delle tre virtù teologali: al centro la Carità, a sinistra la Fede, a destra la Speranza; nel sottarco che separa la volta dell’abside da quella del presbiterio, la dedica in oro al patrono: Divo Eusebio D(icatum); nella volta ellittica del presbiterio: al centro il triangolo trinitario circondato da una doppia corona di putti alati e di angeli a figura intera con cartigli; nei 4 oculi dei pennacchi altri angeli; nella volta semicircolare della Cappella della Beata Vergine del Rosario: nello spicchio centrale Dio Padre, negli spicchi laterali monocromi degli evangelisti Luca e Giovanni, sormontati da due volti di angeli; nella volta semicircolare della Cappella di Sant’Eusebio: nello spicchio centrale un angelo che reca la palma e la corona; negli spicchi laterali monocromi degli evangelisti Matteo e Marco, sormontati da due volti di angeli; nella cupola ottagonale: sulla chiave la colomba dello Spirito Santo; negli otto spicchi in cui essa è suddivisa, angeli musicanti che suonano diversi strumenti; alla base, nei quattro pennacchi il patriarca Davide e i profeti Daniele, Ezechiele e Isaia, nella cupola a botte sopra l’orchestra: al centro una figura femminile, emblema della Chiesa, assisa in maestà e corredata della croce papale a tre bracci corti, della tiara, dei vangeli, delle chiavi; ai suoi piedi la scritta: “Portae inferi non praevalebunt”.
Ai lati due monocromi raffiguranti San Pietro a sinistra e San Paolo a destra.
Gli spazi restanti sono occupati da diversi decori.
Gli ornatisti furono Davide Ortori di Torino e Giorcelli di Casale; lo stuccatore Cattaneo, l’indoratore Giuseppe Verna di Verolengo.
L’organo, incompiuto, fu allestito negli anni 1790/1 da Giovanni Bruna; la cassa è probabile opera di Giuseppe Antonio Serpentiere.
Le statue pregevoli lignee sono tre: quella della Madonna del Rosario, realizzata intorno al 1790 dal Serpentiere; quelle di Sant’Eusebio e della Beata Vergine Addolorata situata nella omonima Cappella, ambedue opere dello scultore Peluzzi di Milano, dei primi anni del 900.

Testo a cura di:
Don Luigi Calvo

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