Attualità

Sanità vicina ai cittadini = salute. Il Piemonte ragiona su soluzioni di prossimità per implementare l’assistenza nelle aree interne

Il ruolo strategico dei Distretti, dell’infermiere di famiglia e di comunità, della rete delle farmacie, della telemedicina e il solido legame tra enti locali e Università per migliorare il benessere delle comunità nelle aree interne e la loro crescita sostenibile

La sanità di prossimità si riferisce alla fornitura di servizi sanitari primari e di base nelle aree geograficamente remote o interne per garantire un accesso equo e adeguato all’assistenza sanitaria per tutte le persone, indipendentemente dalla loro posizione geografica. I massimi esperti della sanità piemontese e nazionale fanno il punto sul tema della sanità diprossimità nelle aree interne, nel corso dell’evento organizzato da Motore Sanità dal titolo “Sanità di prossimità nelle aree interne. Situazione e prospettive. Focus on“, ospitato presso il Grattacielo della Regione Piemonte. Molto è stato fatto in tale senso in Regione Piemonte e l’obiettivo dell’incontro è fare il punto sullo stato dell’arte e continuare a proporre soluzioni, anche in vista dell’applicazione del PNRR sul territorio regionale e nazionale.

«Proprio oggi, poco prima che iniziasse questo convegno – ha sottolineato il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio -, abbiamo avuto una nuova riunione del nostro Osservatorio sul personale sanitario, che abbiamo costituito nei mesi scorsi in accordo con i sindacati e che porterà a 2mila nuove assunzioni entro il 2024, con un investimento complessivo di 175 milioni di euroPer la prima volta, dopo oltre dieci anni, in Piemonte si torna a programmare e a investire in modo serio e strutturato sulla spina dorsale della nostra sanità, che sono le donne e gli uomini che ci lavorano ogni giorno».

«La sanità di prossimità, soprattutto nelle aree meno servite, è stata un problema durante il Covid-19 e lo è ancora oggi – ha spiegato Luigi Genesio Icardi, assessore regionale alla Sanità del Piemonte -; dobbiamo garantire i servizi in queste aree, in primis il servizio sanitario, perché sono aree a rischio di spopolamento, di abbandono e con danni sociali incommensurabili. Il nostro dovere, nonché imperativo morale, è fare tutto il possibile per garantire medici di medicina generale, servizi di telemedicina e ogni altro servizio che permetta ai nostri concittadini di risiedere, con parità di diritti, anche nelle aree interne. La Regione Piemonte ha fatto molto, lo stesso Governo finanzia le Aree interne e progetti importanti, però il depopolamento e l’invecchiamento della popolazione, soprattutto in quelle aree, ci impongono interventi ancora più incisivi».

«Dopo la pandemia, stiamo affrontando una nuova crisi, quella legata alla carenza di personale sanitario, inclusi medici e infermieri, una crisi che viene da lontano per errata programmazione nazionale. Questa situazione sta colpendo in modo sempre più grave le zone interne del nostro territorio, le aree montane e delle valli, di cui la regione è molto ricca come anche lo è di piccoli e medi comuni» è intevenuto Alessandro Stecco, Presidente della IV Commissione Sanità della Regione Piemonte. “La Regione Piemonte sta attuando con successo il percorso del PNRR, che prevede la creazione di presidi di sanità di prossimità, come le nuove case di comunità e gli ospedali di comunità. Allo stesso tempo, stiamo promuovendo l’implementazione della telemedicina, che rende i servizi sanitari sempre più accessibili anche alle persone che vivono in aree meno servite. Questo avviene attraverso due percorsi paralleli: uno a livello nazionale, con l’implementazione di una piattaforma collegata al sistema nazionale nei prossimi due anni, e uno regionale promosso dalla Regione Piemonte, già operativo in molte Asl. Questo percorso regionale si concentra sulla presa in carico dei pazienti fragili, cronici e oncologici gravi, promuovendo la domiciliarità e utilizzando strumenti della sanità digitale. La Regione Piemonte, sotto la guida del Presidente Cirio e dell’Assessorato alla Sanità, oltre ad incrementare a regime il numero dei posti letto, sta attuando un piano di assunzione straordinario concordato con i sindacati, che prevede l’assunzione di più di 2.000 persone nel nostro sistema sanitario regionale».  

«La sanità di prossimità – ha spiegato Carlo Picco, Federsanità-Anci Piemonte, Direttore Generale dell’ASL Città di Torino e Commissario Azienda Sanitaria Zero Regione Piemonte – è un approccio particolarmente importante in aree remote o interne delle nostre vallate, dove una inadeguata programmazione nazionale nella formazione di nuovi medici, ma anche infermieri, riferita all’ultimo decennio rende difficilissimo reclutare nuovi professionisti e dove l’accesso a ospedali e strutture sanitarie di alto livello potrebbe essere limitato. Per quel che riguarda le prospettive della sanità di prossimità si sta cercando di potenziare soprattutto la tecnologia per l’ambito della telemedicina e il reperimento di risorse e figure sanitarie come l’infermiere di comunità. Ruolo di Federsanità Anci Piemonte è quello di ridurre le distanze tra ospedali, strutture sanitarie con le aree interne e i centri abitati cosiddetti “remoti” grazie alla collaborazione tra aziende sanitarie e comuni con i quali predisporre progettualità per offrire a tutti i cittadini piemontesi una sanità sempre più accessibile e servizi sempre più adeguati attraverso anche le innovazioni tecnologiche che ci vedono ormai protagonisti sul territorio».

«Il legame tra enti locali e Università è fondamentale per promuovere lo sviluppo di una sanità di prossimità di qualità – ha commentato Gian Carlo Avanzi, Rettore Università degli Studi Piemonte Orientale -. Le istituzioni dovranno collaborare per implementare le migliori pratiche per rendere queste zone più attrattive per i professionisti della salute ma anche prevedere una differenziazione specialistica privilegiando la medicina del territorio e rafforzando collegamenti rapidi con i centri di riferimento per le patologie tempo-dipendenti e per quelle di maggiore impatto specialistico. La collaborazione tra le istituzioni è inoltre necessaria per migliorare il benessere delle comunità nelle aree interne e la loro crescita sostenibile».

Sul ruolo del territorio come “fornitore” di assistenza di prossimità, è intervenuto Fabrizio Faggiano, SOE ASL Vercelli, Università del Piemonte Orientale: «I bisogni di salute identificati dall’epidemiologia e le caratteristiche di isolamento geografico delle aree interne sono le ragioni per cui è prioritario lo sviluppo dell’assistenza territoriale prevista dal DM77 e dal PNRR. In particolare le Case e gli ospedali di comunità e soprattutto la presenza di infermieri di famiglia e di comunità che possono assicurare la presenza del sistema sanitario anche in zone isolate e l’orientamento nell’accesso ai servizi sanitari».

Così il Distretto diventa il “ponte” tra il sistema sanitario e le comunità di riferimento, in grado di cogliere i bisogni di salute specifici, come hanno spiegato Gabriella Viberti, esperta di Ricerca Area Salute e Sviluppo del Sistema sanitario IRES Piemonte e Giovanna Perino, dirigente Area Salute e Sviluppo del Sistema sanitario IRES Piemonte. «Il Distretto, tornato al centro dell’attenzione con le indicazioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel recente Decreto Ministeriale, che ha definito modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale, acquisisce la funzione di “advocacy”, ovvero di garanzia dei cittadini, e integra i servizi sanitari e socio-sanitari. È nel Distretto, infatti, che si sviluppano i percorsi di salute dei pazienti cronici e acuti, ponte tra il sistema sanitario e le comunità di riferimento, in grado di cogliere i bisogni di salute specifici. L’intervento si propone di chiarire e approfondire il ruolo più forte del Distretto con un’analisi che, partendo dalle indicazioni della programmazione sanitaria, da un rapido excursus storico in Piemonte e da dati di contesto, si sviluppa mediante il confronto con alcuni stakeholder delle Aziende Sanitarie Locali piemontesi».

Eva Colombo, Direttore Generale Asl Vercelli ha sottolineato che la capacità di fare rete ha un ruolo determinante nella gestione dell’assistenza sanitaria nelle aree interne«Il dialogo tra Aziende sanitarie, amministrazioni comunali e le loro strutture sociali, associazioni di volontariato, Fondazioni è indispensabile per potenziare le reti sociali che devono crescere di pari passo con il potenziamento dei servizi sanitari decentrati per dare risposte efficaci nella gestione dei differenti bisogni espressi dai cittadini. Inoltre, in uno scenario in cui medici e infermieri sono sempre più difficili da reperire e sono soggetti ad un elevato turnover, in prospettiva, occorre valorizzare il più possibile come queste professioni possano rappresentare una opportunità di realizzazione lavorativa e umana per i ragazzi che abitano nei territori più decentrati. Il potenziamento del sistema di assistenza esterno dall’ospedale passa da molteplici fattori su cui le Aziende sanitarie stanno progressivamente investendo con le risorse disponibili (Case della salute, infermieri di famiglia, potenziamento della telemedicina), ma non può prescindere da un miglioramento dei trasporti e delle infrastrutture di comunicazione che nelle nostre aree montane rappresentano ancora un limite ad accedere ai servizi».

Piccoli Comuni, territori alpini e appenninici hanno necessità diverse e bisogni organizzativi differenti rispetto alle aree urbane e alle zone metropolitane. Uncem-Unione nazionale Comuni Comunità Montane Piemonte, guarda quindi ad un territorialismo” che sappia avere strategie chiare, identificare bisogni e opportunità sulla base di istanze territoriali inserite in un governo della sanità ampio, focalizzato però su una zonizzazione dei bisogni. Secondo Roberto Colombero, Presidente Uncem Piemonte, il superamento della carenza di medici di base e pediatri, nonché la loro presenza nelle alte valli e nei piccoli Comuni, è la prima esigenza per garantire adeguati servizi e corretti “diritti di cittadinanza. Piano delle cronicità, infermieri di comunità, farmacie dei servizi, elisoccorso per il volo notturno verso elisuperfici adeguate nei Comuni montani, Case della salute, servizi dell’Agenda digitale, trasporti “a chiamata” verso studi medici e centri polifunzionali sono altri punti chiave di una riorganizzazione del sistema nelle zone alpine e appenniniche piemontesi. Uncem è a fianco degli Enti locali, per agire con la Regione Piemonte e con il Ministero della Salute, affinché si riducano i divide fisici, organizzativi, gestionali che hanno effetto sulla qualità dei servizi ai cittadini».

Sul ruolo strategico della “rete delle farmacie” è intervenuto Massimo Mana, Presidente di Federfarma Piemonte. «La rete delle farmacie piemontesi e degli annessi dispensari conta oltre 1.800 punti di accesso sociosanitario diffusi capillarmente sul territorio a garanzia del servizio farmaceutico anche nei comuni più piccoli: circa 850 sono infatti situati nei comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, e sono presenti anche nei comuni con 2/300 abitanti(per esempio Ceresole Reale, Crissolo, Noasca, Prali), permettendo a tutta la popolazione una disponibilità quasi sempre immediata di tutti i prodotti grazie ad una rete distributiva con almeno due passaggi/die. Questa rete, tra l’altro, è già ora in grado di effettuare circa 2.500 holter cardiaci o pressori alla settimana e almeno il doppio di elettrocardiogrammi e può quindi concretamente contribuire a ridurre spostamenti e liste di attesa cui ad oggi il cittadino è costretto per l’esecuzione di tali esami in regime di servizio sanitario nazionale».

LO SCENARIO NAZIONALE: SPOPOLAMENTO DEI PICCOLI COMUNI, LA TELEMEDICINA PUO’ CONTRASTARE IL FENOMENO

In Italia circa 4mila comuni, più della metà del totale, che comprendono 13 milioni di abitanti, sono a forte rischio di spopolamento (in particolare per i giovani) e la qualità dell’offerta sanitaria è spesso difficile. 

«La telemedicina può aiutarci a contrastare questo problema perché annulla la distanza: consente di erogare servizi a domicilio e non solo spostare i dati dei pazienti. Il risultato è una maggiore continuità assistenziale, una maggiore prevenzione, una maggiore equità di accesso alle cure – ha spiegato Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro nazionale per la telemedicina dell’ISS – Istituto Superiore di Sanità -. Si rende così la vita delle comunità più periferiche e isolate un po’ meno difficile e si cerca di opporsi al loro spopolamento. I servizi sanitari digitalizzati possono contribuire a facilitare il ritorno dei cittadini in questi piccoli luoghi che sono non solo densi di storia ma che possono offrire una qualità e sostenibilità di vita certamente maggiore.Dobbiamo portare tecnologia molto moderna nelle piccole comunità per continuare a mantenere le radici nel nostro migliore mondo passato».

«Dunque anche la tecnologia deve essere intesa come strumento di prossimità reale – lo ha ribadisce Barbara Mangiacavalli, Presidente Nazionale FNOPI-Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche – andando verso un sistema di “Connected Care” capace di aumentare le opportunità e che sottende un cambio di paradigma: il cittadino al fianco, protagonista del suo percorso di cura, consapevole e coinvolto nelle scelte di salute. La sanità digitale non rappresenta quindi solo un investimento tecnologico, ma è soprattutto una prospettiva di servizio sanitario ai cittadini. Far evolvere competenze e tecnologie è una delle sfide per l’infermiere che ha in carico il caso, sostenendo un vero e proprio processo di “empowerment” del paziente e del suo contesto di cura. In questo senso, l’infermiere ha un ruolo traino nel processo di superamento della fragilità digitale”. «In Piemonte – ha ricordato ancora Barbara Mangiacavalli, – nelle Valli si è sviluppata ormai da anni una delle prime sperimentazioni “apripista” per l’infermiere di famiglia e comunità, quella del progetto Consenso, un servizio interamente dedicato al sostegno della popolazione anziana, basato sull’infermiere di famiglia e comunità come figura chiave in grado di aiutare e sostenere le persone anziane e le loro famiglie. Questo professionista, protagonista secondo quanto scritto nel decreto 77/2022 che attua per il territorio il PNRR degli ospedali di comunità e delle case di comunità per evitare i ricoveri impropri e assicurare l’assistenza di prossimità, è il collegamento tra l’anziano e i più fragili e i servizi disponibili sul territorio, facilitandone l’accesso».

FNOMCEO: “MANCANO PIU’ DI 20MILA MEDICI. “SERVE AUMENTARE L’ATTRATTIVITA’ DEL SSN”.

«Oggi siamo nel pieno della gobba pensionistica – ha spiegato Giovanni Leoni, vicepresidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri -. La stima è che attualmente, tra ospedale e territorio, manchino più di 20mila medici, e 41.000 pensionamenti sono attesi nei prossimi cinque anni. Dopodiché, i pensionamenti diminuiranno e saranno pronti i nuovi specialisti, formati grazie all’aumento delle borse voluto da questo e dal precedente Governo. Ora il problema è un altro: molti medici abbandonano il SSN, verso l’estero o il privato, per le condizioni di lavoro insostenibili e la scarsa valorizzazione. Più che pensare a formare nuovi medici, dunque, è ora il momento di pensare a come far rimanere quelli che ci sono o che ci saranno: aumentando l’attrattività del servizio sanitario nazionale».

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