Lo slogan: «Esageruma nen: il mondo è di tutti»
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La più grande bagna cauda collettiva al mondo è in programma gli ultimi due weekend di novembre e dal 29 gennaio al 2 febbraio 2025 con la Bagna della Merla.
Il Bagna Cauda Day è la più grande bagna cauda collettiva e contemporanea al mondo. Si celebrerà in più di 150 locali tra ristoranti, cantine storiche, agriturismo, con una disponibilità di oltre ventimila posti a tavola. L’iniziativa è promossa per il dodicesiomo anno dall’Associazione culturale Astigiani che ne destina gli utili a favore di concrete azioni di solidarietà. Quest’anno con una novità: non più due, ma tre fine settimana: 22, 23, 24 novembre e 29-30 novembre e 1° dicembre, a cui si aggiunge la Bagna della Merla 29-30-31 gennaio e 1°-2 febbraio 2025.
La manifestazione, diffusa in tutto il Piemonte, in Valle d’Aosta e Liguria conta anche significative presenze all’estero. In Cina celebreranno il Bagna Cauda Day i piemontesi che lavorano a Shanghai, si festeggerà il Bagna Cauda Day anche in Giappone, a New York e in altre capitali europee.
I locali del Bagna Cauda Day 2024
Trova il tuo ristorante tra i locali aderenti al Bagna Cauda Day 2024 e prenota un posto per te e gli amici. I weekend da segnare in agenda sono venerdì 22, sabato 23 e domenica 24 novembre e venerdì 29, sabato 30 e domenica 1 dicembre, a pranzo e a cena. Molti locali aderiranno anche alla Bagna della Merla, dal 29 gennaio al 2 febbraio. Anche in questa edizione potrai ordinare la bagna cauda da asporto, grazie al servizio Sporta a cà.
- Locali Asti e Dintorni >>
- Locali Nord Astigiano, Monferrato e dintorni >>
- Locali Sud Astigiano, Langhe e Roero >>
- Locali Alessandria, Acqui, Gavi, Ovada e un pizzico di Liguria >>
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La bagna cauda
È un piatto della tradizione e della convivialità diffuso nel mondo ovunque vi siano piemontesi. Un intingolo caldo di olio, acciughe e aglio che accoglie ogni tipo di verdura dell’orto, “pucciate” nel fujot e accompagnate da pane e vino. Ci sono i cardi, ma anche i cavoli, le rape, la biarava rossa, le patate e le cipolle bollite, i porri e topinambur etc. La Bagna Cauda ha accompagnato gli inverni di decine di generazioni contadine. È un rito antico tornato attuale con l’aggiunta di un ingrediente: l’ironia.
Il Bavagliolone in stoffa
È la bandiera del BCD. Tutti i bagnacaudisti che andranno a gustare la bagna cauda nei locali aderenti riceveranno in omaggio il Bavagliolone in stoffa che quest’anno è disegnato dalla giovane artista Giorgia Sanlorenzo che ha interpretato il motto “Esageruma nen il mondo è di tutti”. Un forte richiamo a difendere il pianeta Terra, la nostra casa comune così bistrattata. Esageruma nen è un’espressione piemontese che significa non esageriamo.
Come avere il Bavagliolone d’autore 2024
Tutti i ristoranti che aderiscono al Bagna Cauda Day e anche quelli che propongono il servizio “Sporta a cà” daranno in omaggio il bavagliolone.
Quali locali aderiscono e perché bisogna seguire i semafori
Per sapere quali sono i locali che aderiscono all’originale formula sarà sufficiente andare sul sito www.bagnacaudaday.it e scorrere gli elenchi, suddivisi per aree geografiche: Astigiano, Monferrato, Langhe, Torinese, Alto Piemonte e non solo.
Per ogni locale è pubblicata una scheda con il numero di posti messi a disposizione, telefono e mail per prenotare.
Bisogna seguire i semafori che indicano il tipo di bagna cauda proposta:
— ROSSO per la versione classica “come Dio comanda”,
— GIALLO per quella ”eretica” con l’aglio stemperato;
— VERDE per la bagna ”atea” senz’aglio.
Prevista anche la possibilità di avere la bagna cauda a casa, già pronta con tutte le verdure giuste dai locali che propongono la versione “Sporta a ca’”.
I bagnacaudisti potranno di esprimere un indice di gradimento sull’accoglienza e la convivialità ricevuta.
Il prezzo è uguale per tutti: 30 euro, dagli stellati alle trattorie di paese, che darà diritto a un posto a tavola e a una bagna cauda abbondante, variegata e colorata dalle verdure. 15 euro il prezzo dei vini doc e docg a bottiglia proposto direttamente dai produttori nei locali aderenti.
La formula BAGNA SOVRANA in alcuni locali offre la possibilità di proporre un menu completo con la bagna cauda al centro, accompagnata da altre portate. In questo caso il prezzo varia a seconda della proposta.
Come prenotare il tuo posto al Bagna Cauda Day
Scegli un locale dall’elenco che pubblicheremo in questa pagina. Telefona o scrivi direttamente al locale per prenotare il tuo posto o per richiedere Sporta a ca’.
Finale in gloria con tartufo
I locali contraddistinti da questa icona offrono la possibilità di concludere la bagna cauda secondo tradizione con un uovo cotto direttamente nel fujot “spolverato” da una grattatina di tartufo bianco d’Alba. Il prezzo di questa profumata aggiunta andrà in base alle quotazioni del mercato.
Sporta a Ca’: la bagna cauda a domicilio
Sporta a cà, ovvero la bagna cauda da asporto con tutti i suoi ingredienti. I locali con questa icona offrono la possibilità di ritirare la bagna cauda presso il locale per gustarla a casa. Vi suggeriamo di prenotare con qualche giorno di anticipo la vostra bagna cauda!
Bagna Cauda Nanna
L’icona del cuscino contraddistingue hotel e agriturismo che offrono ai “bagnacaudisti” la migliore scelta di strutture dove dormire dopo la festa.
Quanto costa partecipare?
Il prezzo di riferimento della Bagna Cauda in tutti i locali sarà di 30 euro, senza aggiunta del coperto. Alcuni locali in questo prezzo inseriscono anche antipasti e altre sfiziosità. Prevista anche la versione Bagna sovrana e il Finale in gloria con tartufo. Il vino è proposto al prezzo di 15 euro a bottiglia.
Il Bagna Cauda Day vede alleate quattro importanti case vinicole astigiane leader della barbera: Bava di Cocconato, Braida di Rocchetta Tanaro, Cascina Castlèt di Costigliole e Coppo di Canelli.
Carovana storica del Bagna Cauda Day dalla Liguria al Piemonte e grande “fujot” olimpico
Tra le novità di quest’anno una simbolica carovana composta da auto storiche del Camea club di Asti: sabato 23 novembre partendo dalla Liguria, dall’oleificio Roi di Badalucco in Liguria poterà in Piemonte, lungo la strada del Col di Nava l’olio nuovo di olive taggiasche, le acciughe, l’aglio di Vessalico e passando per Nizza Monferrato e Costigliole per i cardi e i peperoni arriverà ad Asti in piazza Catena verso le ore 17 dove sarà allestito il mercatino della Bagna Cauda. Al centro della piazza, ci sarà un grande fujot che verrà “acceso” a mo’ di braciere olimpico per dare il via al Bagna Cauda Day
Bagna nanna
Sul sito Bagnacaudaday.it sono anche indicati alberghi e agriturismi che propongono soggiorni a prezzi convenzionati per i week end più profumati dell’anno.
Bagna pax
Nel 2023 il motto sui bavaglioloni è stato “Mettete dei cardi nei vostri cannoni”, un appello purtroppo inascoltato. Ma il Bagna Cauda Day, d’intesa con la Caritas diocesana di Asti continua a proporre anche nel 2024 le serate Bagna Pax al Foyer delle famiglie, ricordando che la Bagna Cauda è un piatto di pace e condivisione e non ha ingredienti con controindicazioni di carattere religioso.
Le mascotte Acciù e Acciuculata
Il Bagna Cauda Day le sue mascotte: sono le Acciù in stoffa pezzi unici portafortuna anche in versione portachiavi. E per i più golosi ecco la “Acciculata” di finissimo cioccolato prodotto dal torronificio Barbero nella originale forma a pesce.
Premio Testa d’aj
Tra il profumo dei fujot e i colori delle verdure, il Bagna Cauda Day vuole essere anche un momento per celebrare esperienze che hanno lasciato un segno. Per questo dal 2016 l’associazione Astigiani conferisce il Premio Testa d’Aj a persone che nella vita hanno dimostrato, con tenacia, passione e un tocco di ironia, di saper andare controcorrente. Nell’albo d’oro troviamo tra gli altri i nomi di Guido Ceronetti, Antonio Ricci, Enzo Bianchi, Carlin Petrini, Margherita Oggero, Oscar Farinetti, Alice Sotero, Giorgio e Caterina Calabrese, Carlotta Castelnuovi, Luca Mercalli, Fulvio Marino. I nomi dei premiati di quest’anno sono ancora top secret.
Bagna alla lavagna
Anche per il 2024 l’Associazione Astigiani promuove nelle scuole astigiane “Bagna alla lavagna” dedicata ai cambiamenti dell’alimentazione tra le generazioni. L’iniziativa ha l’obiettivo di sollecitare una ricerca destinata a far conoscere ai giovani come sia cambiata l’alimentazione: che cosa mangiavano i nostri nonni? E i nostri genitori, e noi? Gli elaborati, disegni, video, tabelloni saranno premiati con materiale didattico.
Con il Bagna Cauda Day cresce il Bosco degli astigiani
Il Bagna Cauda Day, oltre che finanziare concrete azioni di solidarietà sociale investe anche sulla tutela ambientale.
“Crediamo nell’azione concreta della messa a dimora di alberi – spiegano ad Astigiani – Il Bagna Cauda day contribuirà a finanziare la nascita del Bosco degli Astigiani sulle colline di Viatosto su un terreno di oltre 5 ettari messo a disposizione del Comune di Asti dalla Banca d’Asti. Andando a mangiare la bagna cauda si contribuirà così a dar vita ad un grande parco pubblico nel segno della sostenibilità ambientale a tutela della biodiversità”.
Il sito bagnacaudaday.it per saperne di più
Il sito bagnacauday.it oltre che l’elenco dei locali aderenti dove prenotare, contiene video, foto, documentazioni sulla storia della bagna cauda, testimonianze d’autore, le manifestazioni collaterali e la mappa della diffusine della Bagna cauda nel mondo
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COSA FARE AD ASTI E DINTORNI NEI GIORNI DEL BAGNA CAUDA DAY
MERCATINO DI NATALE
Il centro storico di Asti ospiterà in piazza Alfieri il Mercatino del Magico Paese di Natale con le casette degli artigiani, produttori ed esperti del gusto che presenteranno i prodotti provenienti da tutta Italia. Il mercatino è ad accesso libero, apre tutti i fine settimana a partire dal 16 novembre e fino al 22 dicembre.
Altre info: https://magicopaesedinatale.com/
MOSTRA “ESCHER”
Dal 16 novembre 2024 all’11 maggio 2025 le sale espositive di Palazzo Mazzetti ad Asti accoglieranno le opere di Escher, artista geniale e visionario. L’esposizione presenterà oltre 100 opere, approfondimenti didattici, video e sale immersive. Orari: tutti i giorni 10.00 – 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00). Info: prenotazioni@fondazioneastimusei.it; 0141 530403.
ASTI A TAVOLA
Terra di eccellenze gastronomiche e di grandi vini, Asti e il Monferrato sono una meta d’obbligo per chi ama la buona tavola. Si può provare la cucina tradizionale in molte osterie e trattorie dell’Astigiano. Non si può lasciare Asti senza aver assaggiato alcuni piatti: i tajarin, piccole tagliatelle di pasta all’uovo fatta a mano, che in autunno vengono serviti con una grattata di tartufo bianco. La bagna cauda: una salsa a base di acciughe, aglio e olio in cui vengono intinte le verdure. Il fritto misto alla piemontese: è un misto di sette tagli di carne e frattaglie, semolino dolce, amaretto accompagnati da “bagnet” verde. La finanziera: un piatto della cucina povera preparato con le frattaglie del pollo e i sottaceti. Il bunet: un dolce di cioccolato e amaretti. Lo zabaglione: una crema all’uovo e al Moscato d’Asti.
AGNOLOTTO GOBBO
È il tipico agnolotto monferrino. L’originale ha solo tre lati dentellati e un ripieno di tre carni: coniglio, maiale e vitello. Una curiosità: viene ancora servito senza condimento direttamente sul tovagliolo.
ROBIOLA DI ROCCAVERANO
È l’unico formaggio DOP a latte crudo di capra prodotto da piccole aziende della Langa Astigiana. Può essere fresca o stagionata. Il segreto sta nelle erbe che mangiano le capre allevate nei prati a oltre 600 metri sul livello del mare. Presidio Slow Food.
CARDO GOBBO DI NIZZA MONFERRATO
È l’ortaggio invernale coltivato nella terra sabbiosa del torrente Belbo. Viene interrato prima del freddo così rimane bianco e dolce. Indispensabile nel rito della bagna cauda. Presidio di Slow Food.
PEPERONE DI CAPRIGLIO
Peperone dalle origini antiche. Ha un sapore dolce ed è molto carnoso. Si raccoglie da fine agosto a ottobre, ma conservato in agrodolce o sotto vinacce è reperibile tutto l’anno. Presidio Slow Food.
FINOCCHINI DI REFRANCORE
È un biscotto al profumo di anice inventato dai pasticceri di Refrancore. Qualche medico ha anche pensato di brevettarli come farmaco da vendere agli ammalati per la leggerezza, la friabilità e l’alto potere nutriente.
FOLIAGE AUTUNNALE NEL TERRITORIO DEI VIGNETI UNESCO
L’autunno è la stagione ideale per visitare i vigneti diventati Patrimonio Unesco: è il periodo del foliage, il cambiamento di colore delle foglie. Nel 22 giugno 2014 l’Unesco dichiarava il paesaggio vitivinicolo di Monferrato e Langa-Roero Patrimonio dell’Umanità. Un riconoscimento importante per una terra ricca di storia, di vigneti e di bellezze naturali. Qui il vino è da sempre sinonimo di una forte identità storica e culturale accanto a castelli, antiche chiese e suggestivi borghi medievali con torri che svettano tra dolci colline. Del Patrimonio Unesco fa parte anche un’anima nascosta: è una fitta rete di cantine storiche e tunnel sotterranei scavati a mano che corrono per chilometri e chilometri. Da vedere le “cattedrali sotterranee” di Canelli, dove da secoli riposa lo spumante, o gli infernot del Monferrato, piccoli cunicoli scavati nella terra, ribattezzati “infernot”. In questo territorio, da secoli strategico per i commerci tra il mare e l’Europa, si coltivano numerose varietà di uve rosse e bianche.
BARBERA D’ASTI
La Barbera d’Asti è il vitigno a bacca rossa che meglio parla di questa terra e della sua gente. È coltivata in 3.900 ettari e vengono prodotte oltre 15 milioni di bottiglie. E’ una Docg. Nella zona di eccellenza viene prodotta con la Docg Nizza.
ASTI E MOSCATO D’ASTI
Ribattezzato “l’oro delle colline”, il Moscato d’Asti viene coltivato in 10 mila ettari. Molti sono “sorì”, ovvero colline molto ripide e ben esposte dove i lavori vengono fatti a mano. Con l’uva moscato bianco si produce l’Asti Docg, le bollicine dolci più vendute al mondo.
LE PICCOLE DOC
Il Monferrato è anche la terra delle piccole doc. Piccoli numeri, ma vitigni antichi che su queste colline vengono coltivati da secoli. Il Ruché di Castagnole Monferrato, pochi ettari di filari da cui nasce un rosso secco ma profumatissimo. La storia del Ruché è antica e misteriosa. Fu un parroco, don Giacomo Cauda, a crederci e ripiantare le viti. Forse in origine arrivò con i monaci cistercensi nel XII secolo. C’è il Grignolino, ribattezzato l’anarchico testabalorda per i suoi tannini spiccati: è il vino delle terre d’origine di Papa Francesco. La Freisa è un antico vitigno a bacca rossa che tradizionalmente viene vinificato frizzante. Il Loazzolo è una delle più piccole doc d’Italia: moscato passito che viene coltivato in antichi vigneti del paese della Langa astigiana da cui prende il nome.
UNA GITA NELLE CATTEDRALI SOTTERRANEE
Le cantine storiche di Canelli corrono per chilometri sotto la città. Sono dette “Cattedrali sotterranee” per le ampie e maestose volte simili a quelle di una cattedrale. Qui nel 1850 Carlo Gancia diede vita al primo spumante italiano, l’Asti. Nei cunicoli sotterranei si registra una temperatura costante di 15 gradi tutto l’anno, luogo ideale per l’affinamento dello spumante. Dalle cattedrali di Canelli è partita la richiesta della candidatura Unesco di Langhe-Roero e Monferrato, riconoscimento arrivato a giugno 2014. Sono visitabili:
Cantine Bosca, via Giuliani 21 0141 967749, www.bosca.it
Cantine Contratto, via Giuliani 0141 823349 www.contratto.it
Cantine Coppo, via Alba 0141 823146 www.coppo.it
Cantine Gancia, Corso Libertà 16 0141 830262 www.gancia.it
Info: IAT, via Giuliani 19 0141 820 280 iat@comune.canelli.at.it
UNA GITA NEL PLIOCENE
Nel Pliocene, fra 5 e 2 milioni di anni fa, in Piemonte e in tutta la pianura padana c’era il mare: oltre a incidere sulle tipologie dei terreni, questa antica presenza è ancora viva oggi attraverso i resti fossili degli animali che lo popolavano. Negli anni sono state rinvenute centinaia di conchiglie, scheletri di balenottere, delfini e altri animali acquatici. La più nota è la Balena Tersilla rinvenuta in una vigna di San Marzanotto, frazione di Asti. Ma ci sono anche la Balenottera di Valmontasca (Vigliano d’Asti), la Balena di Portacomaro e i delfini di Belangero e Settime. Tutti i reperti sono esposti al Museo paleontologico di Asti ospitato al Palazzo del Michelerio (0141 592091, www.parchiastigiani.it, enteparchi@parchiastigiani.it).
COSA VEDERE AD ASTI CITTÀ
PIAZZA ROMA
Su piazza Roma, un tempo detta “del teatro vecchio”, si affacciano il neogotico Palazzo Medici del Vascello su cui svetta la torre Comentina (38,5 metri), e Palazzo Gastaldi, in stile Liberty oggi Casa dell’Asti, sede del Consorzio.
BATTISTERO DI SAN PIETRO
Il primo edificio, costruito a immagine del Santo Sepolcro di Gerusalemme, risale al 1130. E’ in corso Alfieri 2. Custodisce un piccolo “museo egizio” con una mummia che apparteneva alla collezione Ottolenghi. 0141.399489
PIAZZA CAMPO DEL PALIO
Con i suoi 56 mila metri quadrati, è la terza piazza più grande d’Italia. Un tempo si correva il Palio, trasferito negli Anni 80 nella triangolare piazza Alfieri.
MERCATO COPERTO
Il Mercato coperto in piazza Libertà è uno dei miglior modi per fare la spesa di generi alimentari. Si trova un po’ di tutto (verdure, carne, pane, formaggi, pesce, vini, birre) e di ottima qualità. È stato inaugurato nel 1925.
COLLEGIATA DI SAN SECONDO
Costruita sul luogo del martirio del santo, la chiesa è dedicata al patrono della città. Del nucleo originario restano parte della cripta con le reliquie e il campanile.
Piazza San Secondo – Orari 7.30-19 tel 0141 530066
CHIESETTA DI VIATOSTO
Riedificazione della romanica Santa Maria di Riparupta, la chiesa, con le tre navate con volte a crociera, risale al XIV secolo. Magnifica veduta della città dal sagrato.
Località Viatosto – Orari 9.30-12 15-18 tel 0141419908
PALAZZO ALFIERI e PLATANO
Dimora signorile del XIII secolo fu restaurata, su commissione di Antonio Amedeo Alfieri, dal cugino Benedetto, architetto regio, che ne fece un palazzo grandioso e complesso. Nel 1749 in queste stanze vide la luce Vittorio Alfieri e 100 anni dopo, nel giardino fu piantato un platano per celebrare il poeta. Il platano monumentale svetta oggi con i suoi 37 metri di altezza e oltre 5 di circonferenza.
Corso Alfieri 375 tel 0141399489
TEATRO ALFIERI
Realizzato su progetto dell’ingegner Domenico Svanascini per iniziativa di un gruppo di cittadini dell’emergente borghesia, il teatro fu inaugurato nel 1860 nell’ambito di un articolato progetto di sistemazione urbanistica. È strutturato a ferro di cavallo, con quattro ordini di palchi e il loggione. Il pittore Francesco Gonin curò la decorazione del soffitto e quella del sipario che rappresenta l’apoteosi di Vittorio Alfieri.
Via al Teatro 2 tel 014139950
CORSO ALFIERI
Era il decumano massimo in epoca romana e la medioevale contrada Maestra: ancora oggi, la strada commerciale della città resta corso Alfieri. È la principale via dello shopping su cui si rincorrono le epoche storiche tra edifici medioevali, palazzi settecenteschi e costruzioni in stile liberty. Su corso Alfieri, in particolare nel tratto pedonale, si affacciano bar, pasticcerie, gelaterie, boutique, negozi eleganti e librerie.
PALAZZO MAZZETTI
Palazzo barocco di Asti, è la più bella dimora signorile del Settecento ad Asti. È la sede della Pinacoteca civica e, durante l’anno, ospita importanti mostre internazionali.
TORRE TROYANA
Anche detta Torre dell’orologio, è uno dei simboli architettonici della città, la più altra con i suoi 44 metri. Nell’Ottocento la campana della torre segnava le ore e la ritirata per la notte. Era anche il segnale dell’apertura delle scuole. In tempi più antichi, segnalava la chiusura delle botteghe e le punizioni che venivano comminate sulla pubblica piazza. In alcuni periodi dell’anno, si organizzano apertivi in quota tra le rondini.
DOMUS ROMANA
È un edificio sotterraneo di epoca romana (fine I secolo – inizio II secolo): di particolare valore storico un mosaico a tessere bianche e nere decorato da figure geometriche in marmo colorato alternate da figure zoomorfe (delfini e pesci) e piante acquatiche. I resti archeologici sono visitabili.
SEDE ASSOCIAZIONE ASTIGIANI
In via San Martino 2, angolo corso Alfieri di fronte a palazzo Mazzetti c’è la sede dell’Associazione Astigiani che organizza il Bagna Cauda Day. Vi si trova la collezione completa dei bavaglioloni d’autore e le “acciculata” deliziose acciughine di finissima cioccolata del Torronificio Barbero.
BAGNA CAUDA DAY:
STORIA, NOTIZIE E CURIOSITÀ
BCD – IL BAGNA CAUDA DAY
LA BAGNA CAUDA NELLA STORIA
La Bagna Cauda è un “sistema gastronomico”, che partendo da una semplice salsa calda di aglio, olio e acciughe, si dilata a coinvolgere la cultura conviviale e le strutture portanti dell’alimentazione quotidiana contadina basata sulle verdure di stagione e il vino. Un primo accenno nelle fonti più antiche relative all’alimentazione e alla cucina lo si ritrova alla fine del XIV secolo nel trattato del medico Antonio Guainerio, attivo in Piemonte fra Torino e Chieri. In esso si cita la passione dei contadini piemontesi per l’aglio, ingrediente fondamentale per il “sapor rusticorum”, una tipica e amatissima pietanza calda medievale cremosa e densa. Non è azzardato vedere in questa salsa dei contadini il progenitore della Bagna Cauda. Anche se descritta quasi quattro secoli dopo, la “Salsa detta del pover uomo” riportata dal “Cuoco Piemontese perfezionato a Parigi” del 1766, è probabilmente una discendente diretta di quel “sapor rusticorum” medievale, nobilitata e alleggerita nei dosaggi. La presenza delle acciughe salate nella salsa medievale è quanto mai verosimile se si pensa che tale prodotto era largamente importato e commerciato dai mercanti astesi in tutto il Nord Italia. Nei secoli scorsi non è da escludere che la Bagna Cauda, grazie all’aglio, fosse considerata utile anche per allontanare vampiri, masche e streghe. La storia racconta che l’11 novembre 1855 il generale La Marmora fece servire la Bagna Cauda alle truppe piemontesi in Crimea. Il caldo intingolo un secolo dopo, nel 1954, è stato portato e consumato anche in cima al Cervino. Il posto più a sud dove si serve la Bagna Cauda è in un ristorante della Terra del Fuoco gestito da emigranti piemontesi, e troviamo l’intingolo proposto, a modo loro, anche in Giappone dove è molto popolare. Grande cultore della Bagna Cauda è anche papa Francesco, che non dimentica le origini astigiane della sua famiglia e in più di un’occasione quando era in Argentina o durante i sui viaggi da cardinale in Italia ha avuto modo di gustarla.
IL VIAGGIO DELLE ACCIUGHE LUNGO LA VIA DEL SALE
Le acciughe salate arrivavano attraverso le rotte piemontesi del sale marino, che però, contrariamente a quel che si pensa, non univano solo il Piemonte alla Liguria. La riviera ligure, scogliosa e con dirupi, non aveva spazio per le saline, che abbondavano invece nella vicina Provenza e alle foci del Rodano. Lunghe carovane di muli e di mercanti astigiani, già dal XII secolo percorrevano l’unica, documentata strata salis che univa le saline provenzali con Nizza Marittima, si ramificava nelle valli Maira, Stura, Gesso e Vermenagna, si riuniva poi a Cuneo proseguendo fino ad Asti, dove poi il sale veniva smistato capillarmente in un vasto territorio. Questo commercio era finanziato dai ricchi banchieri astesi che consideravano il sale una sorta di moneta corrente. è probabile che tale commercio fosse anche praticato di contrabbando per evitare il pagamento delle gabelle ai vari passaggi di confine. Una rotta alternativa, ma non meno importante, risaliva costeggiando il versante francese delle Alpi, passava i valichi e discendeva in valle di Susa, e attraverso Rivoli ed Avigliana giungeva ancora una volta ad Asti. Il commercio del sale consentiva anche l’approvvigionamento delle acciughe salate prodotte in grandi quantità nel Golfo del Leone, lungo la costa da Barcellona a Tolone. Se ne ritrovano tracce nel piatto occitano dell’Anchouiado. La Bagna Cauda è oggi conosciuta e diffusa in tutto il Piemonte con epicentro tra le colline delle Langhe, dell’Astesana, dell’Alto e del Basso Monferrato. Asti ne ha costituito il più antico e principale centro di irradiamento: è un dato di fatto che i mercanti astigiani detenessero già nel XII secolo una sorta di monopolio nel commercio del sale in area sudpiemontese, e che la stessa città ne costituisse il punto d’arrivo e smercio privilegiato; in seguito affiancata da altre importanti località strategicamente collocate sulle rotte commerciali come Alba, Chieri, Acqui, Casale, Alessandria e la stessa Torino.
DIFFUSIONE E RUOLO DEGLI ANCIUÉ DALLE VALLI ALPINE AL MONDO
Le fortune della Bagna si possono ascrivere anche all’umile, ma capillare azione degli acciugai gli anciuè, i rivenditori al dettaglio delle acciughe che fino a tempi non lontani battevano sistematicamente le campagne per la vendita “porta a porta”; rivenditori che provenivano per la maggior parte dalla Valle Maira e dalle altre vallate di collegamento tra il Sud Piemonte e la Provenza. È ancora attiva anche un’associazione degli acciugai della Valle Maira. Le acciughe, grazie agli anciuè ambulanti che le trasportavano in barili o nelle grandi e variopinte latte da 10 e più chili potevano essere acquistate dalle famiglie contadine in piccole quantità settimanali. Ecco, secondo Nico Orengo, che li elenca nel suo Il salto dell’acciuga i principali cognomi delle famiglie di acciugai con i rispettivi territori di competenza: “I Pomero a Nizza, i Sismondi a Cuneo, i Pomero a Torino, i Del Puy ad Asti, i Ricciardi nel Canavesano, i Pallanza a Verbania, i Reineri in Lombardia, i Morello a Firenze, i Garnerone a Piacenza, gli Arneodo a Bologna, i Degiovanni a Parma, i Fresia in Lombardia, i Beltramo a Tortona, i Mattalia e gli Einaudi a Milano. E poi altri, tanti altri. I carretti blu andavano per la pianura e la pianura profumava d’acciuga”. Ad Asti è nella memoria di tanti l’attività della famiglia Delpuy che per decenni hanno venduto acciughe salate sui mercati e avevano il loro profumato negozio all’angolo di piazza Roma, ai confini del ghetto ebraico. Nel 2017 Astigiani ha assegnato il premio “Testa d’Aj” anche a due acciugai storici: l’astigiano Mario Delpuy e Giovanni Martino di Campofei in valle Grana. Giovanni purtroppo a gennaio 2018 è scomparso con il suo carico di sapienza ed esperienza.
UN RITO CONTADINO
Un ingrediente “forestiero” nella Bagna Cauda, oltre alle acciughe, è l’olio. Nel Cinquecento e nel Seicento in Piemonte si consumano soprattutto olio di noci e nocciole. Si coltivavano anche le olive in Astesana, sulle colline delle Valli Belbo e Tiglione. Nel 1709 l’orrido gelo dell’inverno causò la morte di molti olivi e il graduale abbandono della loro coltivazione, ripresa ora negli ultimi anni da alcuni nuovi pionieri dell’olivicoltura. La Bagna Cauda nell’Ottocento, ormai dominatrice sulla tavola del contadino piemontese, in particolare astigiano e monferrino, prevede l’uso parsimonioso di olio d’oliva ligure (la sottolineatura dell’extravergine arriva solo alla fine del Novecento) e non manca l’uso di aggiungervi un pezzo di burro. È rimasta anche, in qualche caso, la presenza del più profumato olio di nocciole. La Bagna diventa l’accompagnamento abituale per la polenta giornaliera. La stagione di consumo è lunga: parte dal periodo della prima svinatura e si inoltra a tutta la primavera. Molto spesso nella famiglia contadina la Bagna svolge il suo ruolo nell’arco di diversi giorni: preparata all’inizio in quantità abbondante, e consumata un paio di volte per intingervi le verdure, viene a mano a mano reintegrata nei pasti successivi con l’aggiunta di olio o nuove acciughe, assumendo progressivamente una consistenza sempre più fluida che la rende adatta ad insaporire la polenta o condire la pasta asciutta e a diventare condimento, magari previa aggiunta di aceto, per grandi insalate. Nella ristorazione di un vasto angolo di Piemonte la Bagna Cauda è sempre stata presente, ma negli anni l’impegno nella sua preparazione e una certa “puzza al naso” l’hanno relegata ad essere proposta in forma spuria e minimanle, tra gli antipasti come salsina tiepida sopra pezzetti di peperone. Quella non è Bagna Cauda. La vera Bagna Cauda è un’altra cosa! È festa, convivialità, abbondanza e trionfo di colori. Anche per questo si celebra il Bagna Cauda Day.
MA CHI HA INVENTATO LA BAGNA CAUDA?
«…Ho sfogliato, frugato cinquantamila tra libri e carte: ho vissuto settimane in biblioteche, ho letto volumi rosicchiati da topi…Dopo una simile ricerca non sono riuscito a sapere chi è stato l’autore di quell’invenzione che si chiama “bagna cauda”. Hanno fatto cavaliere, commendatore, certi tipi che vendono acqua per liquore, e intanto l’inventore di una invenzione come la nostra “bagna cauda”, vero benefattore dell’umanità, è sempre nell’angolo dei dimenticati!». Così Alberto Viriglio scriveva alla fine dell’Ottocento, in Rime Piemontesi. Testimonianze dell’uso di salse a base di aglio si possono rintracciare nei ricettari di cucina a partire dal Medioevo, piatti inizialmente a base di solo aglio, ma arricchiti nel tempo con gli altri due ingredienti che sono all’origine della nostra bagna: l’olio e le acciughe. La documentazione scritta si riferisce prevalentemente al XV secolo, quando nel “Libro de arte coquinaria” Maestro Martino spiega la ricetta dell’Agliata Bianca dove, oltre all’aglio «in quantità che ti pare», vi sono le mandorle, prodotto molto diffuso in quel tempo. Anche le noci sono abbinate all’aglio in altre ricette. Alexandre Dumas in Gran Dictionnaire de Cuisine documenta sia la ricetta di salsa d’aglio, sia quella d’acciuga. È interessante notare come in entrambe le ricette sia presente “una quantità di burro grossa come un uovo», «un’unità di misura» che si ritrova in una ricetta della Gazzetta Piemontese del 1846. In Piemonte, dal Settecento compaiono le salse a base di acciughe salate; vengono impiegate con le verdure «quei generi commestibili a’ quali Natura di sapore n’è stata avara» (Vincenzo Corrado, Del Cibo Pitagorico).
È nell’Ottocento che in Piemonte i cuochi citano salse a base di aglio, di acciughe e finalmente con entrambi questi ingredienti. Ne Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi troviamo una ricetta che impiega il cardo; in essa si legge: “I cardi si servono anche crudi, dopo di esser ben mondati, si fa bollire dell’olio e sale e si stempera dentro delle acciughe e con questa salsa si bagna il cardo”. In questa ricetta l’aglio è ancora assente, ma nella ricetta “salsa del pover uomo” scrive: “Mettete nella casseruola un po’ di butirro, un po’ d’olio. Una acciuga e un baccello d’aglio tritato, indi aggiungetevi del pane grattuggiato con brodo, e ridotta la salsa consistente la servirete sull’intingolo che servirete caldo”. La presenza delle acciughe salate in quel tempo è un fatto assodato, come scrive l’autore del libro sopra indicato: «Le acciughe sono piccoli pesci di mare che vengono a noi in piccoli barili confettati col sale, dopo di averle ben lavate si dividono in due parti per leval loro la resta e servono d’ordinario per insalate e salse». Sempre nello stesso testo troviamo alcune salse come quella di “cappari e acciughe” o di remoulade”. A partire dall’ Ottocento dunque i grandi cuochi piemontesi abbineranno l’aglio e le acciughe e così si potrà seguire l’evoluzione dell’attuale bagna cauda leggendo i ricettari di cucina nobile o borghese. Anche se il miracolo della sua popolarità lo si deve al fatto che la bagna cauda diventa il piatto quotidiano dei contadini del Sud Piemonte, dalla prima svinatura alla primavera inoltrata e anche oltre. Nella Cucina sana economica ed elegante, pubblicato in fascicoli sulla Gazzetta Piemontese n.42, di sabato 21 febbraio 1846 e dedicato ad un pubblico torinese di estrazione borghese, sono riferite ricette di verdure alle alici: “Sfogliate e fatte a pezzi due belle teste di cavolfiore, mettile in tegame con due oncie di burro, sale e un po’ di pepe, quattro alici, un mezzo spicchio d’aglio e un po’ di prezzemolo, triti e bagnate con un bicchiere di sugo, falle soffrigger per un’ora ben coperte. Come saran tenere, recale su un piatto e, aggiunto al savore burro quanto un uovo e il sugo di un limone, e ben tramenato sul fuoco, senza bollitura, quando la salsa ti verrà ben legata, versale sui Cavolfiori. Cavoli, broccoli, sparagi e cardi si preparano allo stesso modo”. La salsa di acciughe ed aglio viene dunque servita con le verdure piemontesi: possiamo ormai chiamare questa salsa la bagna cauda dell’Ottocento piemontese. Giovanni Vialardi, aiutante capocuoco di re Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II, in Trattato di cucina impiega la salsa al burro di acciughe e la remoulade; qui troviamo inoltre un servizio di verdure miste crude, da servire con salsa. Nel corso dell’Ottocento e del secolo successivo non mancano le citazioni relative alla bagna cauda: l’11 novembre 1855, in Crimea, il generale Alfonso La Marmora fece servire alle truppe piemontesi ad alleate la bagna cauda accompagnata con la polenta, dichiarando: “piatto adatto a uomini forti e valorosi, per i suoi sapori, schippettanti come fucileria” (così come riverisce il giornalista Sandro Doglio). Arrigo Frusta sulla rivista Ij Brandé del primo maggio 1954 scrive che due alpinisti piemontesi, Piero e Pinin Lampugnani prepararono la bagna cauda in cima al Cervino appena conquistato, a 4482 metri. Infine proponiamo il proclama degli acciugai della Valle Maira, tradotto in italiano (da leggersi durante le cene a base di bagna cauda):
È per tutti quelli che la amano e la capiscono.
È bandiera della cucina e del carattere piemontese.
È onore e ricordo della civiltà contadina
Dei nostri padri vignaioli.
È il cibo rituale e corale della fraternità e amicizia.
È la ghiotta delizia del nostro gusto tradizionale.
Non è piatto rozzo e pesante, anzi è naturale e sano.
L’aglio non fa male, al contrario è benefico.
I CONSIGLI E IL GALATEO DELLA BAGNA CAUDA
Le acciughe devono essere possibilmente le “rosse di Spagna” chiamate così per la provenienza e per il colore che le loro carni assumono dopo la perfetta, prolungata salatura, stagionate almeno un anno. Ottime anche le migliori e rare produzioni di acciughe liguri e le alici siciliane di Sciacca. Da evitare i filetti già pronti in vasetto. L’olio deve essere extravergine di oliva, preferibilmente ligure. Straordinaria la Bagna Cauda fatta con l’olio nuovo figlio delle olive appena frante. La Bagna Cauda va tenuta a temperatura elevata, ma non deve friggere e fare fumo. Si mangia intingendovi verdure crude autunnali, fra le quali i protagonisti sono il cardo spadone bianco ricercatissimo il “gobbo” di Nizza Monferrato, piegato e fatto maturare sotto terra e il peperone crudo o arrostito, seguite dal cavolo crudo, dalla biarava barbabietola rossa cotta al forno, dal topinambur, la patata bollita, il cavolo verza, cuori di indivia o di scarola, cipollotti, cavolfiori lessati e ogni altra verdura si voglia provare. Esiste un “galateo” comportamentale del mangiatore di Bagna Cauda che vieta ad esempio di “caricare” eccessivamente il proprio boccone usando foglie di cavolo o altri pezzi di verdura a mo’ di “palot” paletta raccogliendo troppa parte “ricca” della salsa. Sconveniente anche intingere pezzi di verdura già morsicati, o il pane che, imbevendosi, ne asporterebbe disoneste quantità. I neofiti della Bagna facciano attenzione ai primi bocconi, la scottatura è un’eventualità molto frequente. Nella versione proposta con una sola terracotta messa al centro della tavola si intinge tutti insieme in un’allegra e vociante confusione: non ci sono turni né altri formalismi da rispettare. Diffusa anche la presenza del brodo caldo con funzioni “detergenti” d’apertura dello stomaco in vista della Bagna Cauda o di chiusura a conclusione del rito. La versione con fujot, lo scaldino in terracotta che ospita anche la base per la candela, si èlargamente diffusa e consente una più personale gestione della propria Bagna, ma ciò non impedisce di condividere simpaticamente il fujot con il proprio vicino o vicina di tavola, rispettando sempre le regole del galateo.
I 7 PASSAGGI DA NON PERDERE
Attrezzatura necessaria: un dian di terracotta; una s-cionfetta o fujot: uno scaldino di coccio pieno di braci; in mancanza, un fornelletto ad alcool; un cucchiaio di legno; una retina frangifiamma se si cucina con il gas. Mettete il dian a bagno nell’acqua fredda e lasciatelo per almeno un paio d’ore: ciò gli eviterà di creparsi durante la cottura dell’intingolo. Mettete a bagno le acciughe in acqua fresca abbondante; dopo 5/10 minuti diliscatele con cura, asciugate i filetti ottenuti e teneteli pronti in un contenitore. Una diversa scuola di pensiero prevede che le acciughe siano lavate con vino rosso o aceto bianco. Dedicatevi all’aglio: ci sono varietà di pregio da Caraglio a Vessalico: pelatelo, poi tagliate ogni spicchio a metà nel verso della lunghezza ed eliminate il germoglio interno. Operazione importantissima! Raccogliete gli spicchi così trattati in un pentolino e copriteli con latte fresco. Portate a bollore, poi abbassate il fuoco e lasciate sobbollire pianissimo per 15/20 minuti, fino a quando l’aglio abbia raggiunto una consistenza molto morbida. Togliete il dian dall’ammollo e asciugatelo bene. Ponetelo a fuoco moderatissimo. se usate la cucina a gas non dimenticate la reticella frangifiamma con mezzo bicchiere d’olio. Quando l’olio comincia a scaldarsi unite tutte le acciughe. Badando di non farlo mai friggere, mescolandole con il cucchiaio di legno e fatele sciogliere completamente. Ora unite l’aglio sgocciolato dal residuo latte di precottura; mescolate bene e schiacciate gli spicchi con il cucchiaio di legno fino a conferire al tutto una consistenza cremosa. Unite tutto il restante olio ed eventualmente il burro; sempre a fuoco bassissimo continuate la cottura per 20/30 minuti. L’olio non deve mai friggere. Se avete la fortuna di possedere una s-cionfetta o un altro scaldino di coccio ed un camino, fate un bel fuoco di legna di vite o d’olivo. Fate un letto di cenere nella s-cionfetta, riempitela di braci per due terzi della sua capienza, e copritele con una coltre di cenere. Ponete lo scaldino in mezzo al tavolo, sistemateci sopra il dian della Bagna che in questo modo si manterrà alla temperatura ottimale per tutta la serata. Se non disponete di simili attrezzature ripiegate sul trespolino della fondue bourguignonne e sul relativo fornelletto ad alcool, ma badate di sorvegliarne attentamente la fiamma in modo tale che la bagna non frigga mai, o all’opposto, non si raffreddi troppo. Stessa regola se usate i pignattini “fujot” in terracotta.
L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA HA DEPOSITATO LA RICETTA CANONICA DA UN NOTAIO
La Delegazione di Asti, in data 7 febbraio 2005, ha registrato una ricetta “da ritenersi la più affidabile e tramandabile”. Depositata a Costigliole d’Asti con registrazione sottoscritta dal notaio Marzia Krieg, è stata scelta dalla commissione di studio che si è più volte riunita per assaggi e confronti.
Ingredienti per 12 persone
12 teste di aglio,
6 bicchieri da vino di olio d’oliva (extravergine, ndr) e, se possibile,
un bicchierino di olio di noci,
6 etti di acciughe rosse di Spagna
Tagliare a fettine gli spicchi d’aglio precedentemente svestiti e privati del germoglio. Porre l’aglio in un tegame di coccio, aggiungere un bicchiere d’olio e iniziare la cottura a fuoco bassissimo rimescolando con il cucchiaio di legno e avendo cura che non prenda colore; aggiungere poi le acciughe dissalate, diliscate, lavate nel vino rosso e asciugate, rimestandole delicatamente. Coprire con il restante olio e portare l’intingolo a cottura a fuoco lento per una mezz’oretta, badando che la bagna non frigga. Al termine della cottura si potrà aggiungere, se piace un sapore più morbido, un pezzetto di burro freschissimo. Versare la bagna negli appositi “fujot” fornellini di coccio e accompagnarla con le seguenti verdure: crude: cardi gobbi di Nizza, topinambur, cuori di cavolo bianco, indivia e scarola, peperoni freschi e sotto graspa, cipollotti crudi inquartati e immersi nel vino barbera; cotte: barbabietole rosse, patate lesse, cipolle al forno, zucca fritta, peperoni arrostiti.
È tradizione raccogliere alla fine lo “spesso della bagna” strapazzandovi dentro l’uovo.
UN PIATTO VARIEGATO PROMOSSO DAL DIETOLOGO GIORGIO CALABRESE
Aglio, acciughe, olio ed è subito Bagna Cauda! Ma oltre al sapore c’è di più. Ecco cosa ci regalano questi tre ingredienti della dieta Mediterranea. L’aglio ha molte buone proprietà. Svolge un’azione benefica sulla pressione alta e di contenimento del colesterolo cattivo LDL. Il principio attivo allicina è un anticoagulante che contrasta l’aggregazione piastrinica quindi la formazione di coaguli. I composti dello zolfo che esso contiene sono anti-microbici, specialmente sulle vie urinarie. L’olio extra vergine d’oliva è ricco di acido oleico, linoleico e linolenico oltre che di abbondanti antiossidanti naturali, antinvecchiamento. I composti fenolici svolgono attività antiinfiammatorie. L’olio extravergine è utile nella prevenzione di degenerazioni cancerogene in diversi organi. Infine le acciughe salate sciolte nella bagna la insaporiscono arricchendola di proteine nobili. È il pesce azzurro, ricco di Omega-3 e non solo, contiene anche riboflavina, niacina, calcio, ferro, fosforo e selenio. Un concentrato di protezione per vasi sanguigni e membrane cellulari. Per non parlare dei benefici, da tutti riconosciuti, che le verdure crude e cotte apportano all’alimentazione. In conclusione la Bagna Cauda, se gustata senza esagerare nelle dosi, accompagnata da non eccessive quantità di pane e senza eccessi con il vino, coniuga benessere e piacere.
LA BAGNA CAUDA PIACE ANCHE A PAPA FRANCESCO
Papa Francesco ama il mate argentino ma non disdegna la buona tavola italiana, memore delle sue origini astigiane. Una volta raccontò scherzosamente di essersi recato, da arcivescovo di Buenos Aires, in un convento di suore italiane per godersi una porzione di pane inzuppato nella Bagna Cauda piemontese. E anche in una visita a Torino ha invitato i suoi parenti in Vaticano per mangiare insieme il piatto piemontese a base di acciughe e aglio (da famigliacristiana.it del 20/7/2015)
IL COMMENTO DI CARLIN PETRINI
“Bagna cauda: un cibo slow che esalta la biodiversità e ci rende aperti”
La bagna cauda è un piatto che ha il potere di socializzare i commensali. L’”intingimento” lento di tutte le verdure di stagione e del territorio in questa salsa calda, accompagnato da grissie di pane, da sorsi di buon vino rosso e giovane, non può che fraternizzare; ancora una volta i prodotti della terra ci conducono al piacere della tavola. La bagna cauda è cibo slow da consumare lentamente senza l’occhio sull’orologio per paura di fare tardi. La bagna cauda è un piatto emblematico soprattutto perché ci racconta bene cos’è l’identità, a scanso di equivoci. Non c’è dubbio che per i piemontesi rappresenti un simbolo culturale importante, ma pensateci bene: gli ingredienti principali non sono piemontesi. Acciughe e olio sono prodotti tipici della vicina Liguria. Ecco allora che comprendiamo come ciò che dichiariamo identitario non è quasi mai riconducibile a qualcosa di fisso nel passato, immutabile, ma è sempre frutto di scambi, scontri e incontri, un qualcosa che è in continuo, anche se lento, cambiamento. Vale la bella metafora delle radici che ha usato Massimo Montanari, grande storico dell’alimentazione: spesso parliamo con orgoglio delle nostre radici, vogliamo difenderle da non si sa bene quale minaccia esterna, e le consideriamo un qualcosa di intoccabile e puro appartenente alla nostra storia. In realtà, a ben vedere, le radici di un albero però non riconducono mai a un punto fisso di purezza, si diramano nelle direzioni più inaspettate, anche molto lontano dal tronco della pianta e in profondità. La bagna cauda è piemontese perché i piemontesi viaggiavano, facevano commerci con i vicini liguri, perché scambiavano con altre culture. Del resto è la stessa cosa per tutti gli altri simboli identitari gastronomici: si pensi soltanto alla pasta al pomodoro, l’italianità per eccellenza. Né la pasta né il pomodoro sono di antica origine italiana. La tecnica per la pasta è stata importata dagli arabi che ne rivendicano l’invenzione con altre culture asiatiche, mentre il pomodoro proviene dalle Americhe ed è arrivato qui soltanto in seguito alla loro “scoperta”. Il cibo, come sempre, ci rivela chi siamo. Siamo il frutto di un’interconnessione continua con il resto del mondo, con ciò che ci circonda, con ciò cui veniamo in contatto. E la diversità è l’unica cosa che può garantirci un futuro migliore: è la più grande forza creativa che l’uomo abbia a disposizione. Per questo chi ama il cibo deve amare la diversità, tanto quella naturale – la biodiversità – quanto quella culturale, che in fondo ne è una proiezione mediata dall’uomo, perché il cibo è natura che diventa cultura. Senza diversità siamo persi, peggiora la qualità della vita, non si riusciranno a risolvere i problemi che nascono in agricoltura e in tutte le altre nostre attività. Non riusciremo ad affrontare le crisi senza creare altri problemi. A volte tanta diversità genera insicurezza, per questo abbiamo la forte tentazione di ridurla, di rendere tutto uguale, di omologare, ma non c’è niente di più rischioso. Ecco, la bagna cauda ci racconta anche dell’importanza della diversità, tra le tante cose che riesce a veicolare, oltre ai ricordi di convivialità che riaffioreranno in ciascun piemontese appena la sente nominare. È la nostra identità, e ci raccomanda di restare un popolo aperto.
LA BAVAGLIOTECA DEL BAGNA CAUDA DAY
Fin dalla prima edizione del Bagna Cauda Day, i bagnacaudisti hanno ricevuto in omaggio un bavAGLIOlone in tessuto da indossare per proteggersi da spiacevoli e inevitabili “incidenti di bagna”. Ogni anno il bavaglio è stato impreziosito da un nuovo disegno esclusivo che lo ha fatto considerare un oggetto da collezione, al punto da essere incorniciato ed esposto in alcuni locali dell’evento. Ne è nata una prestigiosa e invidiabile “bavaglioteca”.
2013 – Il bavaglio del primo Bagna Cauda Day è stato arricchito da quello che da lì in avanti è diventato il logo ufficiale della manifestazione, realizzato da Luciano Rosso.
2014 – è stato l’astigiano Paolo Fresu il primo artista a realizzare un disegno originale per il bavaglio del Bagna Cauda Day. “A qualcuno piace cauda” il motto che è comparso con l’avvenente acciuga a bagno in un fujot acceso.
2015 – “La cauda è musica” è stata la frase scelta dal pittore Giancarlo Ferraris di Canelli che ha raffigurato un festoso happening musicale tra acciughe e verdure. Questo bavaglione è stato tirato anche in edizione speciale con il logo dell’adunata Nazionale degli Alpini di Asti nel maggio 2016
2016 – è stato affidato al vignettista astigiano Antonio Guarene il compito di ornare il quarto bavagliolo, da una cornucopia, portata in volo da un angioletto chef, fa cadere verdure e acciughe in un fujot. “Siamo tutti nella bagna” lo slogan di quell’edizione
2017 – Il quinto bavaglio è stato firmato da Luigi Piccatto, uno degli autori storici del fumetto italiano. Con la collaborazione di Renato Riccio, ha immaginato una marcia trionfale di conquista del “castello” (in versione fujot) un esercito di verdure, olio, aglio, acciughe, con drappi e bandiere
2018 – Verdure e acciughe sono salite su un fujot per andare in gita. Nel disegno di Massimo Ricci, pittore e illustratore di Nizza Monferrato, c’è il testo dell’immancabile coro di quell’allegra compagnia: “Quel mazzolin di cardi… che vien dalla campagna… e bada ben che qui si bagna”
2019 – Una Bagna Cauda da cinema ha disegnato Giacomo Ghiazza che vive a Los Angeles dove lavora come story board per le principali Case cinematografiche di Hollywood
2020 – Il motto “Bagna cauda in corpore sano” con il disegno di Elena Pianta, astigiana che collabora con la Walt Disney e l’editore Bonelli. Ha interpretato la capacità della bagna cauda di far stare in salute con una proposta di fumenti benefici davvero speciale.
2021 – “Quarta dose!” così il fumettista e illustratore Sergio Ponchione ha interpretato lo slogan dopo le vaccinazioni contro il covid, facendo riferimento alle note qualità antisettiche dell’aglio, che certamente favorisce il distanziamento sociale
2022 – Una “Bagna Mundial” è lo slogan che accompagna il disegno di Carlotta Castelnovi, giovane artista astigiana: il profumato evento cade in contemporanea ai mondiali di calcio in Qatar, da cui l’Italia è esclusa. La partita migliore si gioca nel fujot del Bagna Cauda Day!
2023 – “Bagna Pax: mettete dei cardi nei vostri cannoni” è il messaggio dell’edizione di quest’anno divenuto purtroppo ancor più di attualità. Abbiamo affidato a Gino Vercelli, fumettista di vaglia, il compito di disegnare lo slogan.
2024 – “Esageruma nen il mondo è di tutti” interpretato dalla giovane artista Giorgia Sanlorenzo. Un forte richiamo a difendere il pianeta Terra, la nostra casa comune così bistrattata. Esageruma nen è un’espressione piemontese che significa non esageriamo.
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